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Sicurezza in Rete, un caso di coscienza

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Mentre dall’Inghilterra arriva la notizia di una nuova rete basata sulla crittografia quantistica, che, stando a quanto dichiarato dai tecnici ricercatori del Toshiba Cambridge Research Laboratory, a breve dovrebbe garantire a tutti noi comunicazioni a prova di intrusione, dall’ex agente dell’Nsa Edward Snowden veniamo invece a scoprire che l’agenzia di spionaggio americana è stata in grado negli anni di monitorare qualsiasi comunicazione via Internet, smartphone compresi.

Così, la domanda sorge spontanea: privacy e sicurezza sono possibili nel mondo interconnesso di oggi, manifestazione del “villaggio globale” da cui il sociologo McLuhan metteva in guardia già cinquant’anni fa? La risposta è no. E non perché non esistano gli strumenti tecnici, ma perché francamente è difficile che la superpotenza americana rinunci al potere politico che le deriva dal controllo della Rete e dei miliardi di dati che in ogni istante transitano su quest’ultima. Ben venga la scoperta da parte dei ricercatori inglesi di una speciale fibra che consentirebbe, a costi ridotti, di trasmettere i fotoni contenenti le informazioni, anche se dovremo subito mettere in conto l’esistenza di un qualche agente segreto pronto ad aggirarne le chiavi di sicurezza, magari con un backdoor, come accaduto nel recente caso della violazione dei nostri telefoni.

Il problema, allora, non è tecnologico ma politico: per dirla con l’intellettuale e blogger bielorusso Evgeny Morozov, oggi siamo tutti esposti a un “consumismo informativo” la cui contropartita è la limitazione, immediata e permanente, delle nostre libertà. A ciascuno la scelta se starci o meno.

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