Banner sì, spamming no. Soprattutto se a farne le spese sono gli inserzionisti pubblicitari, ovvero i protagonisti attuali della net-economy.
Si tratta, nello specifico, di quella fastidiosa evenienza in cui chiunque navighi appena la Rete si sarà trovato, ogniqualvolta, accingendosi ad aprire un file video o immagine, senza potersene rendere conto è automaticamente reindirizzato a un annuncio pubblicitario.
Ebbene, il clickjacking è stato classificato da Google come frode online, qualificandosi come advertising pirata che, tuttavia, addebita alle aziende investitrici i costi dei click involontari effettuati dagli utenti.
Se consideriamo che una larghissima fetta degli introiti del provider statunitense deriva dallo spazio messo a disposizione della pubblicità sulla propria piattaforma, è chiaro lo sforzo attuato dai suoi responsabili per la realizzazione della succitata infrastruttura di filtering, che garantirà la trasparenza delle procedure di compravendita di banner e annunci vari online.
“Il clickjacking è una minaccia emergente per gli annunci pubblicitari pagati in base ai click e per questo abbiamo predisposto nuovi strumenti per proteggere gli inserzionisti. Quando il nostro sistema individua un tentativo di inserimento indebito di un annuncio, analizziamo istantaneamente il traffico attribuito a quel posizionamento e lo rimuoviamo dai successivi report di pagamento, per garantire agli inserzionisti che quei clic non gli verranno addebitati” ha spiegato Andres Ferrate, Chief Advocate di Qualità del Traffico sugli Annunci di Google.