Cassazione, via libera allo spyware

La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza con cui legittima l’autorizzazione, da parte della magistratura, all’utilizzo delle intercettazioni attraverso virus spia.

In altre parole, lo spyware di Stato. Come già anticipato nello scorso mese di aprile, i giudici della suprema corte di giudizio hanno spiegato che l’impiego dei trojan a fini investigativi è legale nei procedimenti relativi alla criminalizzata, dove però, e qui sta la novità rispetto al pronunciamento della primavera, per attività criminale non si intendono più soltanto l’associazione mafiosa e il terrorismo, ma anche gli atti di illegalità disparata, tra cui la corruzione.

Spiegano i giudici: “Limitatamente ai procedimenti per delitti di criminalità organizzata, è consentita l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l’installazione di un ‘captatore informatico’ in dispositivi elettronici portatili, anche nei luoghi di privata dimora, pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa”. Ancora, per reati di criminalità organizzata devono intendersi “non solo quelli elencati nell’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater cpp, ma anche quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere ex articolo 416 cp, correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato”.

Infatti, la Suprema Corte ha specificato che, a fronte dell’evoluzione attuale raggiunta dal  cybercrimine, è importante che lo Stato possa assistere il cittadino “con tutti i mezzi che la moderna tecnologia offre”.

Da notare, infine, che la sentenza ufficializzata dalla Cassazione riprende la Risoluzione del Parlamento europeo del 2013 dedicata alla criminalità organizzata, in cui si ribadisce che i fenomeni dell’illegalità hanno assunto una fisionomia globale e per tutelare la loro prospettiva internazionale guardano soprattutto agli strumenti It.