Scandalo Datagate, il Brasile pensa a infrastrutture tlc nazionali

Era stato paventato qualche giorno fa da un’analisi di Bloomberg sui rischi possibili per l’economia americana conseguenti allo scandalo del Datagate. Numeri e cifre per dire che i big dell’Ict a stelle e strisce rischiano grosso: aziende come Cisco, Dell e Ibm, per non parlare dei provider di sicurezza, potrebbero non scrollarsi più di dosso l’ombra inquietante delle operazioni Nsa, non esattamente un buon biglietto da visita per chiudere affari con clienti e governi esteri.

Ebbene, lo spettro sembra essersi materializzato. Lasciando da parte la boutade estiva del presidente russo Vladimir Putin, che per sfruttare l’onda lunga delle rivelazioni di Snowden dichiarò in agosto di essere pronto a rimpiazzare pc e gestionali con vecchie macchine per scrivere, la notizia vera è quella che arriva dal Brasile, dove la presidente Dilma Rouseff si è detta pronta a dare il via, entro i prossimi cinque anni, allo sviluppo di attrezzature e apparati per la trasmissione dati esclusivamente nazionali. Stop all’importazione di tecnologie straniere dunque, dopo che i vertici del Paese sudamericano avrebbero scoperto di essere stati spiati per anni dai “soliti ignoti” dell’Nsa.

“Potremmo decidere di esigere che tutti gli operatori attivi sul nostro territorio facciano uso di infrastrutture nazionali, a costo di creare una rete di trasmissione dati tutta nostra” ha dichiarato il ministro delle Comunicazioni Paulo Bernardo. A questo punto le rassicurazioni del National Institute of Standards and Technology americano sull’impossibilità, per le agenzie americane, di crackare gli standard crittografici più sofisticati valgono poco e niente: diffidenza e circospezione sono mosse consigliate. Ma non doveva essere il trionfo della globalizzazione?