A cadere in trappola, questa volta, sono stati gli hacker cinesi. Li ha messi nel sacco il ricercatore Kyle Wilhoit che, grazie a un audace espediente, ha dimostrato al mondo intero quanto i criminali del web siano pericolosi e veloci nell’attaccare i sistemi informatici delle aziende.
Un esperimento, insomma, che ha dato prova di quanto siano ancora insufficienti le misure di sicurezza adottate dalle aziende, di quanto sia ancora troppo basso il livello protezione dei sistemi e, nello stesso tempo, di quanto siano potenti i mezzi dei malintenzionati.
Per dimostrarlo il ricercatore ha dato vita ad una utility idrica raggiungibile online, creata di proposito con diverse vulnerabilità. La trappola si è ben presto dimostrata utile a rilevare le capacità di hacker e cracker cinesi, che non hanno perso tempo per attaccare. Benché più della metà degli attacchi siano risultati made in Cina, anche Germania, Regno Unito, Francia, Palestina e Giappone sono entrati nella black list dei 16 paesi dai quali son giunti i sabotaggi.
Un esperimento utile che fa luce su quanti e quali siano i rischi corrono le aziende di tutto il mondo e che alimenta i gravi sospetti che ipotizzano l’esistenza di una vera e propria divisione dell’esercito cinese composta da hacker impegnati ad attaccare aziende e infrastrutture USA con operazioni mirate. Insomma, con i criminali informatici cinesi non si scherza: dei 74 sabotaggi alle aziende fasulle create ad hoc da Wilhoit, ben 10 sono stati in grado di prendere il totale controllo dei sistemi informatici.