Sicurezza It, Nsa la annulla

Sicurezza informatica. E se chi dovrebbe occuparsene non lo fa e, anzi, provoca nuovi e pericolosi danni?

Ѐ quanto si può affermare a proposito delle recentissime scoperte avvenute in relazione al famigerato dossier Nsa, lo scandalo dello spionaggio cibernetico internazionale orchestrato dall’agenzia centrale statunitense e svelato, ormai due anni fa, dall’ex Edward Snowden.

Da tempo le aziende informatiche sospettavano che il governo degli Stati Uniti avesse messo in pratica una sistematica violazione delle comunicazioni, istituzionali e private, protette da crittografia sui canali Https e Vpn; il dubbio riguardava la modalità in cui tale operazione aveva potuto svilupparsi. Ebbene, attualmente più di un ricercatore sostiene che la breccia è stata aperta dagli Stati Uniti stessi. Quando? Molto probabilmente nel corso degli anni Novanta del secolo scorso, all’epoca delle prime schermaglie virtuali tra Stati che diedero agli esperti tecnici della Nsa l’opportunità di generare delle piccole falle nei protocolli di sicurezza poi, a distanza di anni, a quanto sembra, abilmente sfruttate.

Il governo di Washington, infatti, con il supporto finanziario garantito dal Congresso, in questo modo ha potuto investire massicciamente nello sviluppo di tecnologie atte a violare le chiavi di protezione dei succitati protocolli. Una su tutte la chiave Diffie-Hellman da 1024 bit, grazie al riciclo dei numeri primi usati nelle implementazioni standard del meccanismo di scambio delle medesime chiavi, all’interno di canali telematici solo apparentemente sicuri.

Vari esperti rassicurano gli utenti spiegando che l’attività di cyber spionaggio della Nsa può quanto meno essere rallentata, per esempio disabilitando le tecnologie compromesse. Il che, però, suona come una resa. Dell’intero comparto della security.