Se Google indicizza anche i siti alleati dei terroristi

Una bella gatta da pelare,  quella che deve oggi affrontare Google. In occasione del festival letterario di Hey in Gran Bretagna, Eric Shmidt, Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’azienda,  ha preso parola su questioni decisamente spinose. Non abbassa la testa e non intende fare modifiche circa il modo in cui il colosso indicizza i siti, nemmeno quando si parla di vetrine web di organizzazioni terroristiche come quella islamista Al Shabaab, e nemmeno se la discussione viene affrontata davanti ai connazionali del giovane militare assassinato nelle strade di Londra pochi giorni fa.

La guerra dei tempi moderni si sposta dalle trincee alla Rete. Nuove strategie belliche si sono sviluppate nel corso degli ultimi anni: tutte con base nel grande mondo di Internet e tutte capaci di mettere in ginocchio intere Nazioni. Ma cosa succede quando un motore di ricerca della portata di BigG indicizza anche i siti terroristici? E, soprattutto, quando dichiara fermamente di non essere disposta ad escluderli dai risultati di ricerca? Rischi e pericoli non si contano ma, intanto, Erich Shmidt ha cosi spiegato al pubblico:“Non possiamo individuare a prima vista le cose cattive poi toglierle. Abbiamo preso la decisione che le informazioni, se sono legali, anche se spregevoli, saranno indicizzate”. Secondo il presidente esecutivo di Google, infatti,  l’indicizzazione di tali siti può addirittura servire come fondamentale sostegno all’attività delle Autorità nella lotta contro il cyber terrorismo. Le misure di sicurezza non sono mai abbastanza e, nella speranza che non accada l’irreparabile, continua la lotta tra legalità e terrorismo. Anche sul web.