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Password, nell’iride o nel cervello

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Un sistema “efficacemente utilizzabile per procedere all’identificazione e all’autenticazione dell’utente”.

Così Google ha commentato il brevetto recentemente depositato presso l’omonimo ufficio nazionale e relativo a una rivoluzionaria tecnologia che, a breve, potrebbe portare alla commercializzazione di speciali lenti a contatto in grado di sfruttare l’iride dell’occhio umano in sostituzione delle tradizionali password alfanumeriche.

Del resto, quella sull’iride non sembra nemmeno essere la frontiera di ricerca più spinta, così come è evidente che di lettere e numeri da mandare a memoria gli utenti sembrano averne abbastanza: le password richieste dalla Rete sono sempre di più.

Così, ecco che l’università statunitense di Binghamton, nello stato di New York, sta lavorando a un sistema di identificazione che sfrutta, ai fini dell’autenticazione ai sistemi, l’impronta del cervello o, più specificamente, il modo unico in cui ciascuna mente umana reagisce a una serie di stimoli.

Gli esperti hanno sottoposto a 45 volontari una lista di 75 acronimi, monitorando con tre sensori l’area del cervello che legge e riconosce le parole e, successivamente, riscontrando una notevole differenza nelle reazioni cognitive dei partecipanti: il computer collegato è stato in grado di identificare le persone con un’accuratezza del 94%.
Non solo. L’impronta del cervello conserva infatti un vantaggio indubbio rispetto alla password digitale: quest’ultima, in caso di furto, non può essere cancellata, mentre l’impronta del cervello può essere resettata semplicemente cambiando gli input.

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