Heartbleed, legale quando serve

L’occasione, lo sappiamo, fa l’uomo ladro. Nessuno stupore quindi se, nelle ultime ore, siamo venuti a sapere che l’agenzia centrale di intelligence statunitense, Nsa, avrebbe avuto mandato direttamente dal presidente Barack Obama di utilizzare eventuali falle rilevate nel Web per ottenere informazioni di intelligence. Compreso il famigerato bug Heartbleed, che tanto scompiglio sta creando in Rete. Tuttavia, vogliamo considerare questa nuova rivelazione come la prova definitiva per porre fine alle discussioni sterili su dove stia il bene e dove il male nel campo della sicurezza informatica e convincerci, una volta per tutto, che il mondo è “grigio”.

Eh già, perché stando alle testimonianze riportate dal New York Times, lo scorso gennaio la Casa Bianca si sarebbe espressa sulla necessità, da parte dell’agenzia di sicurezza, di monitorare la Rete alla ricerca di vulnerabilità per porvi immediato rimedio, ma che al contempo questi stessi bug possono essere utilizzati, in casi eccezionali, per ottenere informazioni precise sugli avversari geopolitici e su soggetti vari ritenuti pericolosi.

Il che equivale, concretamente, a schierarsi dalla parte dei cattivi, seppur per una buona causa. Ma chi ci assicura che gli obiettivi siano sempre buoni? Chi controlla il controllore?

Per tornare alla cronaca, il New York Times ci racconta che, qualche settimana fa, gli esperti della Nsa avrebbero sfruttato appunto una falla “zero day” per condurre un attacco mirato alle centrali iraniane per l’arricchimento dell’uranio, nell’ambito dell’operazione “Olympic Games”.

Un atto virtuoso? Non ci esprimiamo. Sappiamo solo che rimettersi all’arbitrio di un giudice non sempre disinteressato comporta qualche rischio di troppo.